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Un nuovo Farmacista

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 11 agosto, 2024 - 08:52

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Il valore anche sociale delle farmacie è dei farmacisti non può essere messo in discussione: per decenni difficili hanno rappresentato l’ancora di salvezza contro malori, epidemie, infezioni. Oggi il loro ruolo è stato integrato sul piano di struttura medica con analisi e visite accanto alle quali però sia le farmacie che i farmacisti si trovano a divenire espressione di un mercato nel quale il valore scientifico strettamente medico è abbastanza ridotto: si pensi agli integratori, all’omeopatia, ad alcuni prodotti da banco, agli estratti vegetali ad alcuni cosmetici. Viene spontaneo chiedersi se il futuro delle farmacie sarà legato più al mercato o più alla scienza. È vero anche che i progressi scientifici a volte vengono poi confutati dalla stessa scienza.

Un recente caso ha riguardato due edulcoranti di successo, il sucralosio, 600 volte più dolce del saccarosio e l’eritritolo. Del primo mentre la dose max ammessa in Europa è 15 mg/kg di peso corporeo, negli USA è di soli 5 mg/kg con una prudenza giustificata dalle sue interferenze con il sistema immunitario.

Il secondo è un polialcool con dati di consumo negli USA assolutamente preoccupanti, fino a 30g al giorno. Si tratta di un composto a zero calorie, quindi molto apprezzato senza tenere conto del fatto che recenti studi su di esso ne hanno evidenziato gli effetti cardiovascolari: in particolare un articolo comparso su Nature Medicine ha denunciato la possibilità da parte di questo composto di produrre infarti, ictus e morte aggiungendo che studi preliminari precedenti avevano denunciato questo rischio, sì da giustificare prima di un uso diffuso un approfondimento scientifico.

Le farmacie forse potrebbero giocare un ruolo scientifico importante anche in un altro settore, quello delle malattie rare. Si tratta di patologie che a volte in passato sono anche state tenute nascoste per paura dello stigma sociale e delle superstizioni che le accompagnavano: si pensi alle malattie mentali e allo spettro autistico. Oggi quei pregiudizi sono in larga parte caduti e proprio grazie agli stessi malati il livello di coscienza e conoscenza è aumentato tanto da creare percorsi scientifici finalizzati alla ricerca di farmaci capaci di contrastare queste patologie.

Sono nate comunità di parenti che avendo in casa malati di queste patologie si sono riunite per potere acquisire la forza necessaria a pretendere di interloquire col potere politico e con le strutture scientifiche. Credo che le Farmacie potrebbero costituire un prezioso supporto a queste aggregazioni. Ma c’è dell’altro: le malattie rare, proprio in quanto rare non rappresentano un grande business per l’industria farmaceutica. Questi ridotti ricavi potrebbero sia pure in minima parte essere compensati da una ridistribuzione di mercato per quanto riguarda i ricavi dalle vendite di questi specialissimi farmaci con maggiore attenzione alla produzione rispetto alla vendita

Innovazione, ma responsabile

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 8 agosto, 2024 - 07:31

Vincenzo Balzani, Professore emerito UniBo

(già pubblicato su Bo7 il 28 luglio us)

Abbiamo faticosamente attraversato un periodo di recessione. Economisti e politici ci dicono che per uscirne dobbiamo consumare di più perché, se crescono i consumi, cresceranno anche la produzione, l’occupazione e il PIL. Le parole d’ordine sono sviluppo, crescita e innovazione. L’innovazione, parola oggi così frequentemente usata (20.800.000 voci su Google), è considerata il motore dello sviluppo e della crescita. All’innovazione si chiede, anzitutto, di fare aumentare i consumi, cioè di creare prodotti nuovi, sempre più attraenti e desiderabili per il consumatore.

Non importa se si tratta di prodotti inutili, perché con la pubblicità si possono sempre imporre sul mercato. Meglio se vengono programmati per rompersi dopo breve tempo, così che si dovranno gettare e non avremo scrupoli nel comprare il modello più recente. Non dobbiamo neppure preoccuparci troppo di produrre rifiuti, perché troveremo sempre un modo per farli scomparire dalla nostra vista: nascondendoli sottoterra, bruciandoli perché se ne vadano, invisibili, in quella immensa discarica comune che è l’atmosfera, oppure gettandoli nei mari che ricoprono tre quarti della superficie del pianeta. Nel caso dei rifiuti elettronici, poi, potremo continuare a “regalarli” ai paesi sottosviluppati dell’Asia o dell’Africa, dove ci saranno sempre persone povere che tenteranno di ricavarne qualcosa, con gravi rischi per la loro salute. Una simile ricetta, però, non solo è profondamente sbagliata eticamente, ma è ecologicamente insostenibile. Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi ci porterebbe al disastro collettivo nel giro di qualche decina d’anni o forse prima. Pertanto, parlare genericamente di innovazione senza qualificarla non ha senso.

Ovviamente, bisognerebbe smettere di innovare nel campo degli armamenti; ne abbiamo già troppi, sofisticati e micidiali. Più in generale, bisogna guardarsi bene da ogni innovazione basata su maggior consumo di risorse, maggior produzione di rifiuti e aumento delle disuguaglianze. L’unica innovazione che dobbiamo perseguire è quella che ha per obiettivo la sostenibilità nel suo duplice aspetto: sostenibilità ecologica e sostenibilità sociale. Infatti, come scrive papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, “ Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio- ambientale.

Un’innovazione responsabile ha proprio il compito di contribuire a risolvere queste crisi.

Le prime cose da innovare sono istruzione e cultura: bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, qual è la situazione reale delle risorse, dei rifiuti e delle disuguaglianze nel mondo in cui viviamo.

https://www.cartoonstock.com/directory/g/green_technology.asp

Le imprese devono considerare che l’innovazione responsabile, cioè l’innovazione nella direzione della sostenibilità ecologica e sociale, sarà sempre più premiata, perché si va diffondendo fra la gente la consapevolezza che bisogna porre rimedio alla crisi energetica e climatica e, più in generale, ai danni causati dall’economia dell’usa e getta. Già oggi molti acquirenti, e il loro numero aumenterà costantemente, sono disposti a pagare di più se hanno la certezza che quello che comprano è stato prodotto seguendo i criteri dell’innovazione responsabile.

La scoperta dell’ossigeno 250 anni fa

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 4 agosto, 2024 - 16:47

Diego Tesauro

A metà del XVIII secolo il concetto di elemento chimico era ancora in evoluzione e per la maggior parte era assegnato ad una decina di metalli, noti fin dalle epoche più antiche. Non era chiaro se l’aria fosse un elemento, come era considerato fin dall’epoca di Anassimene ed Empedocle oppure no. Nessuno sapeva cosa fosse, e i ricercatori continuavano a scoprire che poteva essere convertita in una tale varietà di forme che si parlava abitualmente di “arie” diverse.

Il metodo principale per alterare la natura dell’aria consisteva nel riscaldare o bruciare alcuni composti. Nella seconda metà del 1700 si assiste ad un’esplosione di interesse verso i gas. Lo sviluppo delle macchine a vapore stava trasformando la civiltà con la prima rivoluzione industriale per cui gli scienziati, particolarmente ovviamente quelli britannici, erano affascinati dalla combustione e dal ruolo che giocava l’aria in questi processi.

Nel 1754, Joseph Black identificò quella che chiamò “aria fissa” (ora nota come biossido di carbonio) perché poteva essere restituita, o fissata, nel tipo di solidi da cui era stata prodotta. Nel 1772, Daniel Rutherford scoprì che quando bruciava del materiale in una campana di vetro, veniva assorbita l’aria “fissata” e rimaneva un gas che soprannominò “aria nociva” perché asfissiava i topi che vi si trovavano nella campana (ora noto come azoto).

In questo scenario si collocano gli esperimenti condotti da un farmacista di Uppsala, Carl Wilhelm Scheele.  In diversi esperimenti riscaldando nitrato di potassio e di magnesio (KNO3, Mg(NO3)2) il carbonato di argento (Ag2CO3) l’ossido di mercurio (HgO) e una miscela di acido arsenico (H3AsO4 ) e biossido di manganese (MnO2) ottenne un gas  (aria vetriolica) che descrisse come incolore, inodore e insapore, riferendo che alimentava la combustione meglio dell’aria. Erano le prime evidenze dell’esistenza dell’ossigeno ma pubblicò i risultati dei suoi esperimenti solo nel 1777. Alla figura di questo scienziato è stato dedicato un post alcuni fa (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2014/12/01/carl-wilhelm-scheele-il-primo-che-isolo-lossigeno/).

Il primo agosto del 1774 venne condotto l’esperimento a cui si fa risalire la scoperta dell’ossigeno da parte di Joseph Priestley.  Quel giorno di 250 anni fa Priestley riuscì a isolare l’ossigeno che chiamò “aria deflogisticata ” in quanto, sulla base della teoria del flogisto (https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_flogisto ) in voga dal XVII secolo, alimentava la combustione perché non conteneva flogisto e quindi poteva assorbirne la quantità massima durante la combustione. Mediante l’uso di una lente ustoria, l’ossido di mercurio (HgO), racchiuso in un cilindro rovesciato su mercurio liquido, venne calcinato liberando un gas (Figura 1).

Reproduction of Priestley’s oxygen apparatus. Whole object on grey background.

Figura 1 Ricostruzione dell’esperimento di Priestley con lo specchio ustorio ed un crogiuolo con il mercurio liquido e l’ossido di mercurio sotto una campana.

Questo gas risultò scarsamente solubile in acqua (oggi sappiamo che la solubilità dell’ossigeno disciolto alla pressione atmosferica in acqua è a 25 ˚C di 8,3 mg/L) ed alimentava la combustione della fiamma di una candela. Lo stesso chimico scrisse «I have discovered an air five or six times as good as common air» ed annotò anche che la calcinazione di un metallo consente al metallo stesso di sottrarre questa aria dall’atmosfera.

L’anno successivo Priestley pubblicò i risultati dell’esperimento nel libro Experiments and Observations on Different Kinds of Air rivendicandone la scoperta. (Figura 2)

Figura 2 Riproduzione del libro di Joseph Priestley. Experiments and Observations on Different Kinds of Air, 1774-1786.

Un paio di anni dopo Antoine-Laurent Lavoisier riconobbe l’ossigeno quale elemento distinto, ne accertò il ruolo fondamentale nella combustione e gli diede il nome attuale (dal greco oxýs, acido, e génos, generazione) ritenendo erroneamente che fosse un costituente essenziale di tutti gli acidi.

Vernici termoriflettenti

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 1 agosto, 2024 - 10:43

Claudio Della Volpe

3 anni fa, in pieno covid, pubblicammo un post su una scoperta potenzialmente molto importante nel campo del condizionamento degli edifici e in genere del raffreddamento passivo, senza spesa energetica (a parte la produzione del materiale, la stesura e la manutenzione).

Si trattava di una vernice basata sull’uso di un pigmento comune, il solfato di bario, che prometteva una riflettanza superiore al 98%, dunque un assorbimento residuo del 2% , di un ordine di grandezza inferiore a quello dei comuni pigmenti a base di biossido di titanio, che corrispondono ai bianchi più diffusi, con la capacità di raffreddare una superficie in pieno sole.

La novità era costituita dalla distribuzione dimensionale dei componenti e dalle percentuali del pigmento usato, che sfioravano il 60%.

La scoperta era stata fatta da un gruppo di ricerca della Purdue University, diretta da Xiulin Ruan.  

Xiulin Ruan, professore di ingegneria meccanica alla Purdue University e co-autore dello studio sulla ‘pittura più bianca del mondo’, il record è stato confermato https://www.guinnessworldrecords.com/world-records/659962-whitest-paint

Dopo quasi tre anni però il prodotto non si trova ancora in commercio; come mai?

Cosa è successo nel frattempo?

Anzitutto spieghiamo come funziona la scoperta del 2021, frutto di una costante attività nel settore.

Le vernici impiegate attualmente in edilizia assorbono tra il 10 e il 20 per cento della radiazione solare, di conseguenza non possono impedire completamente il riscaldamento di un edificio. La vernice sviluppata da Ruan assorbe invece meno del 2 per cento della luce solare e ha la capacità di riflettere anche buona parte della luce nel vicino infrarosso. Ciò rende possibile il raffreddamento radiativo, ….. È una soluzione di regolazione termica passiva degli edifici indagata da tempo soprattutto in ingegneria e architettura, perché potrebbe rendere possibili sistemi per regolare la temperatura molto efficienti dal punto di vista energetico.

https://www.ilpost.it/2023/07/18/vernice-ultrabianca/

Quella di riflettere la luce solare per ridurre l’insolazione è una strategia storica delle popolazioni che abitano le zone più assolate. Chi ha frequentato il Mezzogiorno d’Italia ricorda sicuramente i tipici panorami di case bianche.

La “città bianca” di Ostuni, in Puglia.

Ma tutto sommato il completo bianco estivo, fa parte anche della tradizione pittorica pensate ai vestiti del “beduino”; il bianco aiuta a respingere la luce e fa stare più confortevolmente quando la temperatura ambiente aumenta; gli scambi radiativi, anche se non li vediamo, li ”sentiamo”.

In realtà se esaminiamo con attenzione la tradizione culturale dei paesi del sud del mondo, spesso localizzati nelle zone caldo-umide o perfino desertiche troviamo delle applicazioni incredibilmente efficaci di condizionamento passivo*.

Se analizziamo più in dettaglio la questione troviamo che c’è una precisa finestra di emissione che consente il rilascio di energia non con l’ambiente immediatamente circostante ma con il cielo, lo spazio profondo, che rappresenta la “superficie” di scambio più fredda che possiamo desiderare. Si tratta della cosiddetta finestra atmosferica o finestra del cielo.

Questa finestra occupa l’intervallo fra 8 e 13 micron (e in parte anche oltre i 16).

Per ottenere un raffreddamento diurno sufficiente, il materiale deve avere due proprietà fondamentali:

assorbanza estremamente bassa nello spettro solare (0.3-2.5 micron) freccia rossa (dipende da un basso coefficiente di estinzione),

e contemporaneamente

emissività elevata nella regione della finestra atmosferica (8-13micron) freccia blù (dipende da alto indice di rifrazione).

Questa combinazione non è affatto banale.

Il successo nell’uso del solfato di bario nasce proprio da questa particolare combinazione; esso infatti combina una altissima riflettanza nello spettro solare (0.28-2.5 micron) e contemporaneamente l’alta emittanza nella finestra del cielo (8-13 micron) osservata in numerosi esperimenti.

Pigmenti efficienti per il raffreddamento radiativo richiedono un alto indice di rifrazione n (per alzare l’emittanza nella finestra del cielo) e un basso coefficiente di estinzione κ nello spettro solare (per abbassarne l’assorbimento).

Ma come è la situazione sperimentale dei materiali?

Queste due grandezze sono entrambe legate al band-gap elettronico, ma in modo diverso.

La relazione fra n indice di rifrazione e band-gap

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0921452621004208

Si vede che al di là dei tentativi di ricostruzione teorica la relazione è inversa tra bandgap e indice di rifrazione n (si veda il grafico qui sopra); mentre si sa che è diretta fra coefficiente di estinzione e band-gap (si legga dopo).

Dunque occorre cercare, come spesso accade, un buon compromesso.

Il band-gap, ossia la differenza di energia fra banda di valenza e banda di conduzione, impone la lunghezza d’onda minima (o energia massima) per la quale un materiale è trasparente. Man mano che la lunghezza d’onda della luce diminuisce (e l’energia aumenta) avvicinandosi al band gap, l’indice di rifrazione e il coefficiente di assorbimento aumenteranno. Quando si confrontano materiali diversi, quelli con un band gap maggiore avranno un indice di rifrazione più piccolo per la stessa lunghezza d’onda della luce.

La banda di valenza e di conduzione di un semiconduttore o di un isolante sono separate dall’energia band gap EG che impone la minima lunghezza d’onda λG per cui il materiale è trasparente. h è la costante di Planck e c è la velocità della luce. Per λ<λG, la luce verrà assorbita e gli elettroni verranno promossi nella banda di conduzione.

Quando invece la luce con lunghezza d’onda maggiore di λG si propaga attraverso un materiale (supponendo che non siamo a una lunghezza d’onda di risonanza), provoca oscillazioni degli elettroni sugli atomi alla stessa frequenza ma con un ritardo di fase (o un ritardo temporale se si desidera); questo dà l’indice di rifrazione, che descrive la velocità effettiva della luce in un mezzo (v=c/n)  ed inoltre, l’ ampiezza dell’onda può decadere in funzione della distanza (come nell’illustrazione sopra), e questo dà assorbimento.

In letteratura troviamo che il band gap del BaSO4 è sufficientemente alto da eliminare l’assorbimento solare, ma è anche abbastanza moderato da consentire un indice di rifrazione ragionevolmente alto con un forte scattering.

Quando la lunghezza d’onda si avvicina alla lunghezza d’onda del band-gap, λG, l’indice di rifrazione aumenta (o se volete la luce si muove più lentamente) e aumenta il coefficiente di assorbimento (ossia il materiale diventa meno trasparente).

Qui occorre tener conto anche dei fononi, ossia i quanti di energia legati ai modi di vibrazione del reticolo; questi hanno energie molto più basse della luce incidente, mase gli elettroni vengono colpiti contemporaneamente e l’energia della luce è quasi sufficiente per eccitare l’elettrone attraverso il band-gap, la vibrazione del reticolo fornirà quella spinta extra che mancava. Questo è il motivo per cui un materiale inizierà a sembrare meno trasparente per le lunghezze d’onda che si avvicinano al band-gap.

Ma c’è ancora qualche altra cosa. Diversi semiconduttori e isolanti hanno bande proibite diverse e più piccole di λG.

Questo ulteriore fenomeno si chiama Rest-strhalen o raggi “residui” (restroom è il bagno, per capirci). (Il termine Rest-strhalen è stato spesso trasformato dai lettori anglosassoni in Restrahlen, un po’ come chiamare Pie, il pigreco, cosa che fa arrabbiare qualunque persona di lingua derivata dal greco o dal latino; al prossimo americano che chiama pie il pigreco fate una pernacchia).

L’effetto Reststrahlen è causato dal forte accoppiamento tra le vibrazioni del reticolo e la radiazione IR, mentre l’assorbimento dei fononi è il risultato dell’assorbimento dei fotoni IR da parte dei modi vibrazionali del reticolo del materiale. L’effetto Reststrahlen può avere un impatto significativo sulle proprietà termiche di un materiale. Poiché assorbe o riflette preferenzialmente le radiazioni IR a determinate lunghezze d’onda, influisce sulla capacità del materiale di emettere e assorbire calore. Ciò può comportare cambiamenti nella conduttività termica, nell’emissività e nel comportamento termico complessivo del materiale.

E proprio il BaSO4 (oltre alle proprietà già descritte) ha una struttura cristallina complessa e un’adeguata forza di legame che producono un elevato numero di modi fononici ottici del centro di zona attivi all’infrarosso nelle bande di Reststrahlen, e questi modi mostrano un forte scattering a quattro fononi, un meccanismo finora sconosciuto che contribuisce all’elevata emissività della finestra del cielo.

Fin qui una spiegazione, come vedete lunga e complessa del perché il solfato di Bario è così performante in questa specifica applicazione.

Ma allora perché non è stato usato nel concreto finora?

In realtà il solfato di bario si usa già ma a basse dosi nel cosiddetto “bianco fisso” ossia quando serve un bianco particolarmente bianco; ma sempre in compagnia con altri bianchi tradizionali, come l’ossido di titanio.

Per usarlo da solo in maggiore quantità occorre superare alcune prove pratiche: resistenza all’abrasione, alle intemperie, peso della vernice, perché serve uno strato di vernice parecchio più spesso e dunque più pesante e costoso del normale; per risolvere tutti questi problemi pratici il brevetto della Purdue University è ancora in attesa.

Nel frattempo il gruppo del prof. Ruan non è rimasto con le mani n mano

Nei tre anni dopo la prima presentazione, il gruppo di lavoro di Ruan ha lavorato non solo per rendere più efficiente la vernice, ma anche per svilupparne una versione più leggera e in grado di aderire ai metalli. L’ambizione è di poterla utilizzare per dipingere aeroplani, treni, automobili e altri veicoli compresi quelli spaziali. Questa ultima versione, e quella originale, non sono comunque ancora in commercio perché deve essere verificata la loro capacità di non sporcarsi troppo e di resistere al tempo.

Purdue University researchers have created a new formula for the world’s whitest paint, making it thinner and lighter. The previous iteration (left) required a layer 0.4 millimeters thick to achieve sub-ambient radiant cooling. The new formulation can achieve similar cooling with a layer just 0.15 millimeters thick. This is thin and light enough for its radiant cooling effects to be applied to vehicles like cars, trains and airplanes. (Purdue University photo/Andrea Felicelli)

Confronto di spessore fra i due prodotti messi a punto da Ruan.

Nel perseguire questo scopo il gruppo ha sviluppato un ulteriore materiale adeguato alla bisogna ma basato su una sostanza del tutto diversa: hanno iniziato a lavorare sulla composizione chimica della vernice utilizzando il nitruro di boro esagonale (vedi immagine sotto), una sostanza spesso utilizzata nei lubrificanti, o per conferire una tonalità di bianco accecante (Cell Reports V.3, ISSUE 10, 101058, October 19, 2022).

Il nitruro di boro esagonale diffonde la luce solare fino al 97,9% dei raggi solari e viene applicato con uno spessore di soli 150 micron. La nuova vernice è anche altamente porosa, con vuoti d’aria che hanno contribuito a ridurne il peso di circa l’80% rispetto alla versione precedente, secondo i ricercatori. Hexagonal form (h-BN) hexagonal analogous to graphite

Ed infine seguendo l’esempio di Ruan un altro gruppo di ricerca (Environ. Sci.: Adv., 2023, 2, 1662 ) ha scoperto che anche il comune carbonato di calcio presenta proprietà che lo fanno considerare un buon candidato come vernice termoriflettente.

Queste nuove tecnologie promettono di ridurre gli enormi investimenti necessari alla transizione ecologica; pensate ai costi del 110% per esempio; usando queste vernici sarebbe possibile non dico eliminare ma ridurre le potenze per la gestione del raffrescamento estivo; dunque si l’argomento è difficile e un po’ complesso, ma se queste tecnologie riusciranno ad arrivare sul mercato la transizione ecologica sarà più vicina con costi molto minori.

Siti e lavori consultati

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2542529322000566

https://www.researchgate.net/publication/374956147_Subambient_Passive_Radiative_Cooling_Effects_of_Barium_Sulfate_and_Calcium_Carbonate_Paints_under_Malaysia’s_Tropical_Climate  Environ. Sci.: Adv., 2023, 2, 1662

https://makerfairerome.eu/it/la-vernice-ultra-bianca-che-rimpiazza-laria-condizionata/

https://www.ilpost.it/2023/07/18/vernice-ultrabianca/

https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/nanoph-2023-0642/html

https://www.purdue.edu/newsroom/releases/2022/Q4/worlds-whitest-paint-now-thinner-than-ever,-ideal-for-vehicles.html

https://www.quora.com/Whats-the-relation-between-bandgap-the-extinction-coefficient-and-the-index-of-refraction

https://www.physicsforums.com/threads/what-is-restrahlen-effect-and-restrahlen-band.623513/

To Help Cool a Hot Planet, the Whitest of White Coats

https://www.cell.com/cell-reports-physical-science/pdfExtended/S2666-3864(22)00352-6

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*Quando l’Iran non era uno stato “canaglia” per l’occidente, capitava di leggere sulle riviste “buone” dell’epoca, come Scientific American la storia di queste applicazioni eccezionali che contemporaneamente condizionavano gli edifici e producevano perfino i gelati (dopo tutto il gelato è una invenzione araba, non occidentale; la parola italiana sorbetto viene dall’arabo o persiano sherbeth o sharbat, شربت, la neve dolce). L’uso efficiente della convezione per condizionare gli edifici meriterebbe molta attenzione da parte nostra, maestri dello spreco di fossili.

Sotto:Una torre del vento a Yazd in Iran, in una zona desertica con una storia di oltre tremila anni; Yazd è la più secca fra le principali città iraniane, con una media annuale delle precipitazioni di 60 mm ed è anche la più calda fra le città a nord del Golfo Persico, con temperature estive che superano frequentemente e abbondantemente i 40 °C senza umidità. E’ ricordata come Jasdi nel Milione di Marco Polo, città di grandi commerci.

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Acqua potabile: controllata ma snobbata.

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 29 luglio, 2024 - 16:18

Mauro Icardi

L’acqua potabile che esce dai rubinetti delle case in Italia è conforme in quasi il 100% dei casi, secondo il primo rapporto del neonato Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA) dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Dopo aver visionato 2,5 milioni di analisi, il Centro Nazionale ha presentato i suoi dati.

Il rapporto, realizzato sulla base dei dati prodotti dalle Regioni italiane insieme al Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale e coordinato dal Ministero della salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, ha esaminato i risultati  di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche condotte in 18 Regioni e Province Autonome, corrispondenti a oltre il 90% della popolazione italiana, tra il 2020 e il 2022.

La percentuale media nazionale di conformità nei tre gli anni risulta del 99,08 (con un margine d’errore dello 1,60%) per i parametri sanitari microbiologici e chimici del gruppo A e B e del 98,41 (con un margine d’errore dello 1,70%) per i parametri indicatori, relativi al gruppo C, non direttamente correlati alla salute.

Dal punto di vista territoriale tutte le Regioni hanno mostrato percentuali di conformità medie molto alte, superiori al 95%. Le oscillazioni del tasso di conformità sono minimali dal punto di vista della prevenzione sanitaria, che in ogni caso è stata adeguatamente assicurata.

I dati registrano  come Regione migliore, sia per i parametri sanitari chimici e microbiologici che per i parametri indicatori, l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Piemonte, mentre i tassi di conformità relativamente minori per i parametri sanitari sono registrati nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, e, per i parametri indicatori, in Umbria e nella Provincia di Trento.

Il dettaglio sul controllo dei parametri relativamente più rilevanti per le non conformità hanno rilevato tracce episodiche  di contaminazioni microbiologiche (Enterococchi, Escherichia coli) e indicatori di contaminazioni ambientali (coliformi), mentre in alcune limitate aree territoriali si rilevano ancora non conformità per elementi naturali come fluoro e arsenico, associate a gestioni idriche non efficienti perché tutt’ora gestite in economia da piccoli comuni che non posseggono risorse adeguate, e personale correttamente formato e addestrato.

 “Dai dati che abbiamo raccolto emerge che l’acqua potabile è sicura e controllata capillarmente nel tempo in tutto il Paese, conforme quasi nel 100% dei casi ai parametri di legge e con una gestione sicura delle non conformità” afferma Rocco Bellantone, presidente dell’Iss. “È importante che si ribadisca questo concetto, visto che secondo l’Istat quasi un terzo degli italiani non si fida dell’acqua dei propri rubinetti”. L’Italia, inoltre, ha avuto un ruolo importante nel chiedere in sede europea di costruire una normativa che sia ancora più stringente sulla qualità e la sicurezza dell’acqua potabile, come sottolinea il direttore generale dell’Iss Andrea Piccioli. “Nel settore delle acque destinate al consumo umano – specifica Piccioli – l’Italia rappresenta un modello di prevenzione e risposta”.

La pubblicazione del rapporto è il primo passo verso la costruzione di una ‘anagrafe dell’acqua’, con l’obiettivo di mettere a disposizione del pubblico tutti i dati sulle caratteristiche dell’acqua potabile nella propria zona. Verrà creata presso l’iss  l’Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA) per garantire un’informazione completa e aggiornata ai cittadini che potranno conoscere l’origine e la qualità della propria acqua di rubinetto, a partire dalle risorse idriche prelevate dagli ambienti naturali fino al loro rubinetto e evidenziando tutte le misure di protezione e controllo applicate.

Figura 1Campagna del gruppo CAP Milano per incentivare il consumo di acqua potabile.

In occasione della pubblicazione del rapporto, l’Iss mette a disposizione un video e un sito dedicato.

I dati raccolti si riferiscono come detto al periodo 2020-2022. Ovvero il periodo antecedente l’entrata in vigore della nuova normativa che sostituisce il Dlgs 31 che ha introdotto anche il controllo degli inquinanti emergenti, in particolare i PFAS. Di questa problematica su questo blog si è scritto molto. E’ stato anche il periodo della pandemia. Le aziende del ciclo idrico si sono trovate a dover gestire anche questa emergenza.

Fatte queste giuste e doverose premesse credo che questi dati vadano letti. Mostrano che, contrariamente a quanto pensano molte persone, i controlli sulle acque vengono fatti regolarmente. Per garantire qualità e sicurezza dell’acqua potabile serve tutto questo, servono investimenti, programmazione, etica. Sono stato in laboratorio trent’anni esatti, mi sono speso molto per il ciclo idrico. I luoghi comuni che sento sul controllo delle acque e sul lavoro dei colleghi davvero per me sono irricevibili. E riporto ancora una volta quanto detto dal Professor Roberto Canziani del politecnico di Milano. “Acqua pubblica non significa acqua gratis, altrimenti dovremmo uscire di casa ogni giorno con il secchio e recarci alla più vicina falda”.

Considerazione che per altro riguarda l’approccio a quasi tutti i beni comuni. L’acqua può facilmente essere preda di speculatori, basti pensare al business delle autobotti nella Sicilia che si sta desertificando. Mentre dove il problema siccità non è percepito (ma non risolto), l’acqua si spreca.

Sono riflessioni amare, ma comuni ad ogni problema ambientale. E prima di ogni altro atteggiamento serve conoscenza. E impegno personale da cittadini.

“Sapere poco è pericoloso. Sapere molto non lo è” 

Gabriella Greison

Per approfondimenti, questo il link dell’iss :

https://www.iss.it/acqua-il-viaggio-dell-acqua

 Questo il link sulla qualità e sicurezza delle acque:

https://www.iss.it/centro-nazionale-sicurezza-delle-acque-censia

L’Italia che vorrebbero.

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 26 luglio, 2024 - 10:03

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Ho avuto modo di ri-vedere lo Special del TG1 dedicato a CHE ITALIA VORRESTI durante il quale sono stati intervistati a partire da questa domanda 11 imprenditori italiani fra i più noti (Illy, Tronchetti Provera, Doris Cucinelli, Menarini, Della Valle ed altri) (18 gennaio 2024).

Intervengo nel blog perché fra i tanti temi affrontati c’è stato anche quello del rapporto del sistema industriale con quello della Formazione ed in particolare con l’Università. Sostanzialmente i nostri imprenditori hanno un’opinione positiva sul nostro sistema educativo e considerano i nostri docenti e ricercatori tra i primi al mondo.

Le lamentele riguardano il basso numero di laureati che trova un ulteriore riscontro nel numero, il più alto di Europa, di giovani che non studiano e non lavorano ed anche nella esistenza di un sistema Educazione-Industria affidato ad interventi sporadici e singoli piuttosto che, come sarebbe necessario, ad un’organizzazione ufficiale e sistematica.

Contro questa concorre anche un atteggiamento in genere competitivo e da solisti delle imprese italiane: non si fa sistema e questo pregiudica la possibilità di modifiche di scala dell’impresa che, attraverso l’ampliamento, potrebbero significare preziosi risparmi gestionali.

Circa l’innovazione di processo e di prodotto la nostra industria è di certo fra le più virtuose, ma manca di capacità nell’attività di diffusione e pubblicità dei prodotti di tale innovazione. La creatività e la qualità sembrano le caratteristiche positive più evidenti e ricercate, ma la ricaduta positiva è più affidata alle richieste che il nostro sistema produttivo riceve che alla pubblicità dei nostri prodotti da parte di chi li produce.

Un limite può essere rappresentato dalle risorse a disposizione condizionate dai pessimi dati del rapporto debito/Pil e da quelli ugualmente negativi del rapporto deficit/PIL

Su questi valori negativi pesano anche sistematicamente l’elevato costo dell’energia e della mano d’opera e la mancanza di infrastrutture e contingentemente il rapporto con le economie di USA, Germania, Russia e Cina per i riflessi di mercato e per le disponibilità di materie prime. I settori in migliore salute sono proprio quelli  nei quali la ricerca contribuisce maggiormente e cioè alimentazione, aerospazio, farmaceutica,  manifatturiero oltre a turismo e BB.CC. Sono in fondo i settori nei quali il carattere di italianità, come mix di qualità, cultura, gusto, eleganza hanno maggiore possibilità di esprimersi. Anche la sostenibilità è stata spesso citata dagli imprenditori, ma ciò che mi ha colpito è stato che accanto alla proiezione economica, ambientale e sociale è emersa anche quella morale e psicologica: fare lavorare in un ambiente adeguatamente attrezzato rispetto al supporto al buon umore ed all’ottimismo dei lavoratori si trasforma anche in un maggiore sostenibilità economica.

Continuando così non saremo mai preparati.

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 22 luglio, 2024 - 18:27

Mauro Icardi

“Ci sarà una prossima volta. La storia ci insegna che la prossima pandemia sarà una questione di quando, non se. Potrebbe essere causata da un virus influenzale, o da un nuovo coronavirus, oppure potrebbe essere causata da un nuovo agente patogeno che ancora non conosciamo, quella che chiamiamo Malattia X. Siamo pronti adesso? Non ancora. Ecco perché l’accordo sulla pandemia è fondamentale per l’umanità”

Queste sono le dichiarazioni rilasciate dal direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha affrontato questo tema al summit dei governi mondiali lo scorso 12 febbraio.

Potrebbe essere per esempio il virus dell’influenza aviaria, l’H5N1, che ha causato finora quasi 900 casi di malattia respiratoria umana, con una letalità del 50% degli infetti. Un virus capace di riprodursi in molteplici e diversi ospiti, uccelli e mammiferi, ha tutto il “potenziale” di causare una pandemia nell’uomo, forse aiutato da qualche piccola, nuova mutazione che ne incrementi la virulenza.

La pandemia da Covid 19 ha colto impreparati molti paesi, compresa l’Italia.

Il tema è stato ripreso recentemente dalla rivista “Lancet”.  Viene sottolineato che per risolvere questo problema sarebbe necessario AVERE “coraggio politico”. C’è questo coraggio? L’esperienza non induce a pensarlo, se la più forte nazione al mondo, gli Usa, ha avuto più di un milione di morti per Covid, in larga misura dovuta ad indolenza e partigianeria politica. 

Era già largamente scritto quello che doveva essere fatto per affrontare al meglio l’ultima pandemia da Covid-19, dopo l’esperienza del primo Sars-CoV e Mers. Ma i risultati non sono stati incoraggianti: molti Paesi, il nostro incluso, si sono ritrovati impreparati o in difficoltà.

In particolare, le differenze fra i diversi Paesi ed aree geografiche nell’approvvigionamento di mascherine protettive, kits diagnostici e vaccini sono state eclatanti, pur se tutti sapevano che la pandemia può essere ben affrontata e battuta se tutti i Paesi dispongono nei giusti tempi di tutto quello che serve, a partire da un po’ di risorse finanziarie dedicate. Sono state rese disponibili, o presto lo saranno, queste risorse per i Paesi più poveri?

Oggi le condizioni del nostro solo ed unico pianeta sono peggiorate rispetto a quando Sars-CoV-2 è comparso: non è stato fatto molto per fermare la devastazione delle foreste, mitigare i cambiamenti climatici e bloccare il commercio di animali esotici. Il quadro è ulteriormente peggiorato con le guerre, le migrazioni di popolazione in molte aree del mondo. Sono tutti fattori che possono favorire una nuova pandemia.

La possibilità di una nuova pandemia è solo uno dei problemi globali. Che si lega a quello del cambiamento climatico, il quale a sua volta si lega a quello della disponibilità idrica.

Perdita di biodiversità, diffusione ubiquitaria di inquinanti emergenti, malattie sconosciute in occidente come la febbre dengue e la lista non è ancora completa, questi sono soltanto alcuni dei problemi poco o non affrontati.  Tutti temi che dovrebbero impegnare in uno sforzo congiunto società civile e classe politica. Spiace dirlo, ma giorno dopo giorno non vedo niente di tutto questo. Anzi vedo un generale disinteresse oltre che un’insopportabile tendenza alla facile battuta da bar. Che si amplifica non solo sui social, ormai da frequentare a piccole dosi, ma anche leggendo i commenti agli articoli pubblicati dai giornali. Davvero c’è da rabbrividire. Per altro quello che mi disorienta, è il fatto che commenti di una stupidità colossale non provengano soltanto da persone che abbiano una minore preparazione scolastica e culturale, ma anche da persone che si definiscono laureate. La politica non solo europea, ma mondiale non è mai pervenuta, a parte qualche rara eccezione. La crescita non è più un mantra, ma una sorta di religione laica. Esiste poi un ulteriore aspetto della questione, sul quale cerco di impegnarmi da sempre, ma lo ammetto con scarsi risultati, ed è quello della comunicazione. Se parlo dell’universalità delle leggi fisiche e naturali più di una volta mi sono sentito rispondere con sufficienza, quasi con disprezzo. Se l’interlocutore è un negazionista o crede alle scie chimiche, pazienza. E’ di fatto inutile iniziare una discussione.

Ma è capitato con amici e conoscenti, soprattutto quando ero molto più entusiasta di quanto lo sia oggi, nel cercare di divulgare questi temi, di sentirmi rispondere in un modo orrendo. La risposta capace di farmi letteralmente cadere le braccia è questa: “ Ma tu dici queste cose perché credi di essere più intelligente?”

Risposta che mi spiazza e che regolarmente interrompe la conversazione, portandola su temi più leggeri e graditi. Inseguendo l’onnipresente leggerezza. Questa cosa mi ricorda in qualche modo il kapò che disprezza Levi che si appresta a sostenere l’esame di chimica. Mi sembra di sentire nell’aria questo disprezzo per la conoscenza, questo insensato desiderio di esaudire i desideri personali, ignorando i beni comuni, l’ambiente e di conseguenza la salute.

La pandemia sembrava essere stata il trauma collettivo che avrebbe potuto scuoterci dall’apatia. In ultima analisi si è tradotto in tante belle frasi. Dall’onnipresente “andrà tutto bene”, utilizzato come antidoto alla sfortuna e alla comprensibile paura, ai tanti attestati di stima per medici e infermieri, definiti eroi. Paura esorcizzata cantando dai balconi. Abbiamo smesso presto di cantare. Passato quel periodo oggi la sanità pubblica si sta dissolvendo, e in parlamento è pronto un disegno di legge per abolire l’obbligo vaccinale. La politica non sta mostrando coraggio, sta perseguendo l’esaltazione dell’egoismo a scapito della solidarietà. Qualunque tema ambientale viene ignorato, deriso da commenti banali, quelli che nella zona dove vivo si definiscono da “asilo Mariuccia”. Ma quel che più rattrista è il palese disprezzo verso la conoscenza, verso il lavoro di chi, in qualunque campo, e qualunque sia il suo ruolo cerca ancora di opporsi a questa deriva di stupidità insensata. Continuando in questo modo non riusciremo mai ad essere preparati.

Mediterraneo Mare Nostrum

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 19 luglio, 2024 - 10:19

Luigi Campanella, già Presidente SCI

L’8 luglio si è festeggiata la Giornata Internazionale del Mediterraneo chiamato dai Romani Mare Nostrum, origine di alcune delle culture più antiche ed influenti nella storia dell’umanità, teatro di scambi culturali e commerciali. Il Mediterraneo si collega attraverso lo Stretto di Gibilterra con.l’Oceano Atlantico che è la sua unica fonte di rinnovamento e rifornimento di acqua. Il suo punto più stretto è di 14 Km, la sua profondità media si aggira sui 1500 metri, quella massima intorno ai 5000 metri il che lo rende il mare chiuso più profondo del mondo. Bagna ben 15 Paesi, Italia, Spagna, Francia, Grecia, Croazia, Albania, Turchia, Libia, Israele, Siria, Egitto, Algeria e Marocco. La circolazione delle acque è per lo più dovuta ai venti il che comporta un ricambio di acque, flora e fauna. Il Mediterraneo ha una barriera corallina lunga circa 135 km fra Bari ed Otranto.

E’ anche chiamato il mare dei Vulcani. In effetti nel Mediterraneo ve ne sono 13 prevalentemente però tirrenici.

Il Mediterraneo soffre di una carenza idrica che di estate arriva al 50 %. Disporre di un mare quasi chiuso quindi più controllabile induce a pensarlo come una preziosa risorsa idrica attraverso le tecnologie di dissalazione, a partire dalla osmosi inversa anche nelle sue versioni più innovative. Oggi l’Intelligenza Artificiale è stata già educata per elaborare algoritmi di distribuzione geografica e temporale delle risorse idriche disponibili capaci di contribuire in misura significativa ad una loro equilibrata politica.

La Commissione Europea partendo da queste opportunità ha pubblicato 2 nuovi strumenti di previsione per migliorare la preparazione dell’UE alla lotta contro la siccità e la scarsità di acqua. I due strumenti, lo European Drought Impacts Database e lo European Drought Risk Atlas sono a disposizione del pubblico nell’ambito della valutazione dei rischi sulla scarsità di acqua e sulla siccità dello European Drought Observatory.

La siccità d'inizio 2024 nel Mediterraneo allarma BruxellesSviluppate dagli scienziati dei centri di ricerca della Commissione, le proiezioni mostrano in quali regioni dell’UE l’acqua diventerà più scarsa che altrove e quali settori economici e sottosettori saranno più colpiti. Le proiezioni suggeriscono che le siccità si verificheranno più spesso che in passato soprattutto proprio nel Mediterraneo e nell’Europa Orientale. Di conseguenza i rendimenti di alcune colture potranno diminuire significativamente in alcune aree geografiche. Inoltre le proiezioni suggeriscono che l’approvvigionamento idrico pubblico, compresa l’acqua potabile, potrebbe anche essere sotto pressione nei Paesi nordici come Svezia e Finlandia. Nel settore energetico i livelli di acqua più bassi dei fiumi possono rendere più difficile il raffreddamento delle centrali nucleari in Francia, mentre i rischi di siccità per la navigazione interna possono rimanere significativamente alti in Germania ed aumentare nella regione del Danubio. Il 12 marzo scorso si è aperto il secondo bando per progetti tematici del Programma di cooperazione transnazionale Euro-Med che coinvolge 10 Paesi Europei fra i quali l’Italia è 4 Paesi dei Balcani interessati dalla strategia di allargamento. Il bando è rimasto aperto fino al 12 giugno e riguarda le priorità 1 e 2 del programma che sono Smarter Mediterranean e Greener Mediterranean (le proposte han riguardato però solo i paesi della parte nord del Mediterraneo).

La siccità resta con i cambiamenti climatici in atto un pericolo sotto tutti i punti di vista: sanitario, economico, sociale. Essendo un processo in atto bisogna attrezzarsi per conviverci ed adattarsi ad esso.

Come sta avvenendo nel mondo e nel Mediterraneo per un altro problema, la lotta ai rifiuti plastici. Si calcola che nel Mediterraneo vengano smaltite 300 mila tonnellate di rifiuti plastici l’anno; la plastica è oggi il terzo materiale prodotto dall’uomo più diffuso sulla Terra, dopo acciaio e cemento. Negli ultimi 60 anni, sono stati 8 miliardi di tonn i materiali plastici prodotti, ed ogni anno 11 milioni di tonn quelli che finiscono in mari ed oceani. Il riciclo dei materiali plastici, l’unica reale soluzione al problema, non supera il 10% per cui solo con normative più stringenti, come in effetti sta avvenendo in Europa per gli imballaggi plastici e per il monouso si può pensare di contrarre i dati sui rifiuti plastici non riciclati. Si pensi che da calcoli ripetuti fatta 100 la plastica prodotta, la massima percentuale di plastica riciclata da essa non supera il 30 %. C’è poi il nodo degli stili di vita da modificare attraverso educazione e sensibilizzazione dei cittadini più che attraverso atteggiamenti punitivi e pene pecuniarie e detentive più stringenti

In qualità di responsabile scientifico della Giornata internazionale del mediterraneo, e del relativo convegno che si è tenuto presso la camera deputati l’8 luglio, ci tengo a sottolineare i punsi salienti che sono emersi.

Il Mediterraneo rappresenta una realtà scientifica economica e sociale, una comunità vorrei dire, che per le problematiche che pone può quasi essere considerata un modello. L’acqua da un lato è vita ed aguzza l’ingegno, dall’altro può divenire uno strumento di rovina e distruzione.

Oltre alle esecrabili ragioni razziali e di odio fra i popoli, le guerre in M.O. sulle alture del Golan nella valle del Giordano sono anche legate al controllo delle poche risorse idriche L’inquinamento nelle sue forme più tradizionali, ma anche più recenti-plastica, residui farmaceutici ed alimentari, scarti di ogni tipo-obbliga a considerare la bonifica delle coste, la prevenzione e la loro cura.

I recenti dati scientifici dimostrano che continuando a ritardare gli interventi il rischio di oggi, sostanzialmente ambientale, diventi -come già si intravede- anche sanitario a causa dei processi di inalazione e ingestione degli inquinanti più mobili ed accumulabili. Le differenze e diseguaglianze in termini di risorse disponibili e di economia fra la sua riva settentrionale e quella meridionale richiedono interventi di collaborazione partecipata capaci di affrontare le emergenze migratorie del nostro tempo. Oggi è solo la messa a disposizione, accanto alle risorse economiche, di risorse intellettuali, di conoscenza, di capitale umano, di beni immateriali che può divenire una strategia vincente per il Mare Nostrum. Le strade che il Convegno ha indicato ai nostri politici sono 3 sul piano scientifico:

-le tessere del puzzle ci sono tutte, si tratta di concretizzarne l’immagine complessiva con un approccio olistico e non deterministico; nessun indicatore da solo può indirizzare verso la strada giusta;

-la scienza ci ha dotato degli strumenti preventivi e riparativi necessari partendo dal principio ormai accettato del carattere complesso dell’ambiente, che ne preclude la trattazione come su sistemi semplici;

-sul piano politico: ben vengano iniziative come quelle del ns Governo con il piano Mattei, ma non bastano: ci vuole una visione partecipata del problema con un tavolo di interlocuzione fra tutti i soggetti interessati ed una governance, diversa quindi dal governo tradizionale di processo, che li rappresenti sul piano sociale.

Il carattere di mare quasi chiuso conferisce al Mediterraneo il connotato di risorsa distribuibile e gestibile in tutti i suoi aspetti, energetico, ambientale, sociale, turistico, financo alimentare: si tratta di attrezzarsi adeguatamente partendo dal concetto di comunità da cui siamo partiti con questo resoconto facendo del nostro Mediterraneo un esemplare ed un modello di sostenibilità.

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