Feed aggregator
Continuous-flow synthesis of organic urea derivatives from CO2-absorbed alkanolamines over a CeO2 catalyst
DOI: 10.1039/D5GC05210F, PaperShogen Mihara, Natsuki Mizutani, Hikari Terada, Mizuho Yabushita, Takaaki Endo, Yoshinao Nakagawa, Akira Nakayama, Keiichi Tomishige
Continuous conversion of CO2-absorbed alkanolamines in the corresponding amine solvent was demonstrated with a fixed-bed flow reactor and a CeO2 catalyst. Both the reaction rate and pathway were governed by the alkyl chain length of alkanolamines.
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Towards sustainable plastics: a sustainable chemistry assessment
DOI: 10.1039/D5GC03504J, PaperJiazhe Chen, Zhichun Zhang, Qiaonan Jing, Shaoxuan Zhang, Rongjing Lu, Jianguo Liu
A transition from conventional linear plastic lifecycle to clean circular economy: minimize chemical footprint, accelerate plastic circularity, and promote low-carbon process.
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Fully liquid electrorefining: a highly efficient and selective approach for pure lithium metal recovery from low-grade alloys
DOI: 10.1039/D5GC02624E, PaperYuntao Lei, Wenjuan Zhang, Fenglong Sun, Zhongwei Zhao
High-purity lithium metal is extracted from alloy feedstocks with high selectivity and efficiency via a fully liquid electrorefining system.
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Mechanism-controlled switchable regioselective O- and N-cyclization alkenylation of alkenylbenzamides via dual photoredox and cobalt catalysis
DOI: 10.1039/D5GC04510J, PaperFeiyang Rao, Kui Hu, Yuanxiang He, Ziyi Zuo, Shiming Lv, Shu Geng, Li Pan, Hongmei Wang, Feng Huang
By regulating the redox potential matching between the substrate active sites and photocatalytic systems to control the reaction pathway, this approach achieves switchable regioselective O- and N-cyclization alkenylation of alkenylbenzamides.
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Plastic-derived carbons for high-performance battery electrodes: upcycling, design strategies, and perspectives
DOI: 10.1039/D5GC03761A, Critical ReviewYujie Wang, Mingkun Jiang, Dan Wu, Chunyan Xiong
Plastic waste to battery carbons via green chemistry: Closing the loop for sustainable energy storage.
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Electronic modulation of Fe sites in hierarchical FeOOH for lowering the oxygen evolution energy barrier
DOI: 10.1039/D5GC04776E, PaperXiaoge Li, Shuyi Zang, Jun Zhao, Daidi Li, Dandan Wang, Lei Wang, Qin-Chao Wang, Jie Han
Ni-doping enhances electronic conductivity of FeOOH and strengthens adsorption of reactants onto Fe sites, thereby improving its intrinsic activity toward the OER.
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Rational catalyst design for acetaldehyde upgrading – an in-depth study on the use of a solid base and the development of a second generation supported N-heterocyclic carbene catalyst
DOI: 10.1039/D5GC03630E, Paper
Open Access
  This article is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported Licence.Maurice Belleflamme, Stefan Mersmann, Ridvan Ince, Thomas Wiegand, Walter Leitner, Andreas J. VorholtBase and counter-ion act synergistically to build a more stable and long-lived NHC catalyst for acetaldehyde upgrading, illustrated as workers mixing both components to strengthen the catalytic ‘foundation’
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Metal single-atom catalysts for photocatalytic H2O2 synthesis
DOI: 10.1039/D5GC03174E, Critical ReviewQingkai Guo, Yangyang Wang, Jun Pang, Jin Liu, Xiaoshu Wang, Yang Yang, Bolin Li, Lei Wang
This review summarizes recent advances in single-atom catalysts for photocatalytic H2O2 synthesis, and the primary limitations and research directions are discussed.
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Electrolyte additive engineering for enhanced stability of sodium vanadate cathodes in aqueous zinc-ion batteries
DOI: 10.1039/D5GC01896J, PaperJun-Peng Wang, Chenxi Luo, Fu-Da Yu, Lan-Fang Que, Rui-Chi Li, Jun-Sen Jiang, Can-Zhong Lu, Yiming Xie
Na0.33V2O5 (NVO) suffers from dissolution. Ex situ XRD reveals the mechanism. Adding NaClO4 induces Na+/Zn2+ co-intercalation, replenishing Na+, stabilizing the structure, and suppressing dissolution for better performance.
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La chimica e la meccanica quantistica.1.
Claudio Della Volpe
Titolone, eh? Ma non ho intenzione di fare/dare lezioni; è solo che ho alcune cose da dire sul tema.
La prima è che noi chimici tendiamo ad essere l’esatto bersaglio della frase attribuita a Feynman (cosa mai provata e la frase era di altri, leggetevi questo post): Zitto e calcola!
Nel senso che siamo dei calcolatori, usiamo di solito dei programmoni commerciali o pubblico dominio (per forza con quello che costano gli altri!) per fare dei conti che poi pubblichiamo o che servono a confermare o meno ipotesi varie, ma raramente ci fermiamo sui fondamenti; e a me questa cosa non sta bene.
Nonostante questo abbiamo preteso (o almeno alcuni di noi) di insegnare “gli orbitali” nella scuola secondaria, una cosa che secondo me sta fuori della grazia di dio, inutile e controproducente; le funzioni si studiano solo in alcune secondarie e dunque cosa ci capiscono gli studenti?
Ma poi uno degli effetti del “calcolismo” è che rimaniamo fuori del grande flusso culturale che esiste fra altri utenti della MQ a partire dai teorici, ma non solo; molte cose importanti scritte sul tema sono senza equazioni, badate, senza-equazioni; e questo fa riflettere, sono cose che si possono leggere senza conoscere chissà quali matematiche astruse. Ma non sono semplici per questo; mi ricordano certe parti di Hegel che mi facevano venire il mal di testa.
Badate non è che io abbia dubbi sui calcoli e sui risultati; no, affatto. Io ho dubbi sul significato da attribuire ai risultati; sul mondo che sta dietro ai numeri.
Un esempio di come la chimica si tira indietro sui temi fondamentali è questo.
Noi chimici manipoliamo molecole e dunque siamo nella condizione migliore per chiederci: esistono molecole così grandi da comportarsi come oggetti classici? O meglio quanto può essere grande una cosa per potersi comportare nei vari modi in cui si comportano gli oggetti quantistici?
Su questo sappiamo che ci sono dei limiti non ben definiti, il tema è aperto; per esempio ci sono esperimenti che dimostrano comportamenti quantistici in oggetti pesanti microgrammi, 16 microgrammi, un cristallo di zaffiro (sovrapposizione di stati), in molecole di migliaia di atomi, oligoporfirine di 2000 atomi pesanti circa 25mila Dalton (interferenza con la doppia fenditura)*, ma non fanno parte dei settori in cui i chimici si impegnano molto attivamente.
In questo post parleremo degli esperimenti con SINGOLE PARTICELLE, fotoni o elettroni che si comportano individualmente in modo quantistico; escluderemo così che il problema quantistico sia un comportamento puramente “statistico”.
L’immagine che segue è relativa all’esperimento con il fullerene perché secondo me più suggestiva di altre; si tratta di risultati ottenuti con fullerene a 900°C; il fullerene è fatto di 60 atomi, pesa 720 Dalton e ha una lunghezza di de Broglie in quelle condizioni di qualche pm.
Fig. 1 In alto: in un fascio termico di fullerene la dispersione di velocità ammonta a circa il 60% della velocità centrale. La coerenza longitudinale è quindi sufficiente solo per generare frange di diffrazione di primo ordine.
In basso: utilizzando un selettore di velocità a disco scanalato è possibile ridurre la dispersione di velocità a solo 1/6 della velocità centrale. Ciò consente di osservare anche ordini di diffrazione più elevati.
Vorrei che fosse chiaro il senso di questi risultati; se voi sparate palline solide attraverso una fenditura non avrete diffrazione e attraverso due non avete interferenza, ma due distribuzioni casuali; mentre con le onde avete interferenza:
Fig. 2 Confronto del comportamento di diffrazione da doppia fenditura di onde e particelle.
Il confronto fra luce a particelle era iniziato nel 1801 con l’esperimento di un multiforme genio moderno il medico Thomas Young, lo stesso che scoprì le leggi della tensione superficiale, il modulo di elasticità, pose le basi della tricromia e dell’emodinamica, tradusse il testo demotico della stele di Rosetta e fece il primo esperimento di doppia fenditura della luce, pubblicato poi solo nel 1807.
Nel 1887 Heinrich Hertz scoprì l’effetto fotoelettrico che fu spiegato con la natura corpuscolare della luce da Albert Einstein, nel 1905 e poi più compiutamente nel 1909. Fu solo in quel medesimo anno, oltre un secolo dopo Young, che si giunge (su indicazione di J.J. Thomson) ad una evoluzione dell’ esperimento di Young in accordo con la nascente teoria quantistica; usando una luce molto fievole e dunque usando non uno ma pochi fotoni alla volta, ci riuscì Geoffrey Ingram Taylor nel 1909. In realtà nell’esperimento di Taylor non si riescono a contare i fotoni, ci vorrà molto più tempo, diffidate da chi descrive questo esperimento come conclusivo: non lo ha letto!!!
Nel 1916 Millikan confermò sperimentalmente l’ipotesi di Einstein e misurò la costante di Planck.
Tenete presente che ancora oggi la cosa non è stata accettata compiutamente; prendete la figura precedente, l’avete guardata bene? È SBAGLIATA; poiché assume che i fotoni (prima immagine, le onde) siano diversi dagli elettroni, siano onde, ma non è così, anch’essi hanno una doppia natura: si comportano da particelle o onde a seconda di come li analizziamo.
Fu solo nel 1926 che Lewis inventò il nome di fotone.
Un vero esperimento di interferenza a singolo fotone fu condotto solo dopo la scoperta dell’antibunching; ossia dell’emissione controllata di fotoni singoli; la cosa è stata realizzata molto avanti nel tempo e dunque le date e i riconoscimenti “ballano” un po’.
Anzitutto ci sono voci critiche, che sono spesso trascurate; per esempio nel 1968 Lamb e Scully pubblicarono un lavoro che prova che per spiegare l’effetto fotoelettrico i fotoni non sono necessari, ma basta l’esistenza dei singoli elettroni. Si tratta di un modello definibile come semiclassico, ma matematicamente inattaccabile, un esempio che fare scienza è complicato. Il lavoro è praticamente privo di citazioni: la storia la fanno i vincitori no? Ve l’ho raccontato anche per i modelli atomici.
Il bunching invece è il fenomeno, la tendenza dei fotoni in un fascio luminoso emesso da una sorgente in equilibrio termico ad arrivare in gruppi, piuttosto che in modo strettamente casuale, ed è nota sin dai classici esperimenti di Hanbury Brown e Twiss, condotti nel 1954-1956 in ambito astrofisico e usati per determinare il diametro delle stelle. L’antibunching è dunque un metodo per ridurre od eliminare questa tendenza statistica ottenendo emissioni od assorbimenti di fotoni singoli.
La prova provata dell’esistenza di fotoni singoli parte dall’esperimento di Clauser del 1973 che conclude:
I risultati, con un elevato grado di accuratezza statistica, contraddicono le previsioni di qualsiasi teoria classica o semiclassica in cui la probabilità di fotoemissione è proporzionale all’intensità classica.
Ed infine l’antibunching viene realizzato completamente nei fenomeni di emissioni per fluorescenza da Kimble e collaboratori, ma siamo arrivati al 1977, isolando completamente l’emissione del singolo fotone, ambizione realizzata compiutamente solo nel 1986. Solo a questo punto può partire un metodo sperimentale che sia basato sull’uso del singolo fotone o sull’interferenza del singolo fotone con sé stesso.
Allora se la strada è stata così lunga per i fotoni, diversa da quella comunemente illustrata nei libri che leggiamo, nella chimica che studiamo o insegnamo, non ci stupirà trovare cose analoghe per gli elettroni.
La questione del comportamento ondulatorio degli elettroni comincia con l’esperimento di Davisson e Germer, che si riferisce al caso della diffrazione da un singolo cristallo e che fu presentata proprio durante il V congresso Solvay; ne parleremo nel prossimo post.
Per maggiore chiarezza e per introdurvi nello strano mondo in cui voglio introdurvi vi posto invece il risultato ottenuto da tre fisici italiani nell’ormai lontano 1976;
Fig. 3 Risultato sperimentale dell’esperimento di doppia fenditura con singoli elettroni condotto da Merli ed altri
Se siete rimasti a bocca aperta chiudetela e continuate a guardare.
Merli, Missiroli e Pozzi ** usando un comune apparato di analisi microscopica elettronica (un SEM) ottennero, a correnti crescenti i risultati in figura in un esperimento di interferenza con doppia fenditura in cui gli elettroni passavano UNO ALLA VOLTA; come vedete i risultati NON sono ondulatori, ma nemmeno particellari, ma inducono a pensare che gli elettroni passino UNO ALLA VOLTA, come pietre ma NON si sommino come pietre ma come onde.
Dunque gli elettroni non sono né onde né particelle, ma potremmo chiamarli “particelle guidate da onde”; concetto su cui torneremo. Immagine magnifica ma poco conosciuta e ai tre fisici italiani (che secondo me meritavano il Nobel) fu dato un premio ma al momento pochi se ne ricordano. L’esperimento si può ripetere con semplici apparati.
Analogo esperimento fu ripetuto 13 anni dopo da Tonomura, (che erroneamente o meno cercò di farlo passare come primo esperimento a singolo elettrone, il cattivone!!)
Fig. 4 Esperimento della doppia fenditura effettuato con elettroni singoli di Tonomura. Le immagini sono prese dopo l’invio di (a) 10, (b) 200, (c) 6.000, (d) 40.000, (e) 140.000 elettroni.
«Una volta si pensava che l’elettrone si comportasse come una particella e si scoprì poi che, sotto molti aspetti, si comporta come un’onda. Cosicché in realtà non si comporta in nessuno dei due modi. Ora abbiamo lasciato perdere. Diciamo: “non è né l’una né l’altra cosa”. Fortunatamente c’è uno spiraglio: gli elettroni si comportano esattamente come la luce. Il comportamento quantistico degli oggetti atomici (elettroni, protoni, neutroni e così via) è lo stesso per tutti, sono tutti “onde-particelle”, o qualunque altro nome vi piaccia dar loro.»
R. P. Feynman, R. B. Leighton, M. Sands, La Fisica di Feynman – 3 Meccanica quantistica, Zanichelli, Bologna 2007², p. I.1. Questo testo fu scritto negli anni 60, dunque prima di parecchi degli esperimenti di cui parliamo qui.
Torniamo all’argomento centrale; la questione che vorrei introdurre oggi (e nei prossimi post) è che insieme con i metodi di calcolo e di esperimento si passa in realtà una precisa filosofia, e questa filosofia non è del tutto necessaria, anzi secondo me (ed altri) è sbagliata, una visione idealistica della realtà.
L’obiezione non nasce da me ovviamente; fu fatta originariamente da tre criticoni di cui ho parlato altrove: Einstein, Podolski e Rosen; il loro approccio oggi si indica con le loro iniziali: EPR.
Le prime obiezioni si manifestarono nel 1927 al V congresso Solvay a Bruxelles, ma furono poi ufficializzate nel 1936 con la pubblicazione di un articolo firmato dai tre.
Quando si parla di questa storia, di solito, si evita di raccontare tutti i dettagli, sono scomodi, ma sono importanti e vorrei raccontarveli io.
Ho cominciato con questo e lo farò nei prossimi post.
(continua)
Consultati
Oltre a tutti i lavori presenti come link e che rappresentano una breve e certamente incompleta storia mai ben raccontata (guardatevi i singoli link, ci ho perso molto tempo a guardali uno per uno!!!) vi segnalo
http://l-esperimento-piu-bello-della-fisica.bo.imm.cnr.it/dichesitratta.html una pagina da leggere tutta con attenzione, molto ben fatta
https://physicsworld.com/a/the-double-slit-experiment/ la storia dettagliata dell’esperimento a doppia fenditura per l’elettrone, che comunque risente della antipatica situazione di Tonomura che ripete l’esperimento dei tre fisici italiani senza citarli; per questo il link è stato più volte aggiornato
https://seminaire-poincare.pages.math.cnrs.fr/grangier.pdf la storia degli esperimenti sui fotoni, con ampia letteratura, merita una lettura
*In realtà non è una doppia fenditura ma un interferometro di Talbot-Lau con molte fenditure; la lunghezza d’onda di De Broglie misurata per le molecole porfiriniche è di 53fm, ossia 100mila volte inferiore alle dimensioni molecolari.
**Per completezza occorre dire che PRIMA dell’esperimento di Merli, Missiroli e Pozzi ci furono altri piccoli passi ma nessuno così completo sulla strada dell’interferenza di singoli elettroni in un esperimento a due fenditure; in particolare nei primi anni 50 Marton e collaboratori presso l’US National Bureau of Standards, provarono l’interferenza elettronica ma con una geometria diversa, Mach-Zender e con un fascio elettronico; e nella seconda metà degli anni 50 Möllenstedt e Duker svilupparono il biprisma, un modo per dividere un fascio elettronico in due e farli interferire, pubblicando il tutto in tedesco, cosa che ne restringeva la divulgazione. Stessa sorte ebbe uno studente di Möllenstedt, Claus Jönsson, che per primo nel 1961 fece un esperimento di interferenza che usava fasci elettronici e fino a 5 fenditure. Senza queste scoperte il lavoro di Merli ed altri non sarebbe stato possibile. Il lavoro di Jönsson è stato ripubblicato in inglese qui, ma solo nel 1974
Integration of color construction and fibrillation reduction of lyocell in an ambient temperature environment
DOI: 10.1039/D5GC04565G, PaperWanjin Hu, Xiaofeng Wang, Xuelin Wang, Mengyao Cai, Yunhe Wang, Ke Lin, Chunhua Zhang, Sijie Zhou, Liangjun Xia, Weilin Xu
A static color construction method at normal temperatures and pressures to reduce the microfibers by avoiding continuous friction, high temperature and humidity.
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A general module assembly strategy for the generation of chondroitin sulfate polymers
DOI: 10.1039/D5GC03905C, PaperPengfei Li, Mengyuan Wang, Lin Yang, Yi Li, Jingyao Qu, Peixue Ling, Shuang Li, Junqiang Fang
A module assembly strategy was developed using expressed sulfotransferases and PAPS generation to efficiently synthesize CS-A, CS-E, and CS-C with defined sulfation patterns and high conversion rates, facilitating study of sulfation modifications.
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A coordinated framework for enhancing oxygen dynamics to improve the production of sesquiterpene
DOI: 10.1039/D5GC04488J, PaperYufei Bao, Yiying Huo, Haoran Bi, Lifeng Shi, Meng Wang, Mohamed Almarei, Rodrigo Ledesma-Amaro, Yunming Fang, Tianwei Tan
Combining bioprocess and system engineering optimization enhances the synthesis of oxygen-demanding products.
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A green strategy for spent lithium-ion battery recycling via SO2-driven cobalt reduction
DOI: 10.1039/D5GC04255K, PaperMinyu He, Weizao Liu, Wen Cao, Xuewei Lv, Qingcai Liu, Charles Q. Jia
A sustainable ‘waste-for-waste’ strategy using industrial ferrous sulfate enables efficient lithium and cobalt recovery from spent LiCoO2 batteries via an SO2-driven reduction mechanism.
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Mesoporous In2O3 nanoflowers with oxygen vacancies for both alkaline and acidic CO2 electroreduction to formate/formic acid
DOI: 10.1039/D5GC03288A, PaperLiang Fu, Zhenping Qu, Mengyuan Qin, Lingling Zhou
A mesoporous In2O3 nanoflower catalyst with abundant oxygen vacancies is constructed via calcining In2S3, which can selectively reduce CO2 to HCOO−/HCOOH in both alkaline and acidic electrolytes at 200 mA cm−2 with a FEformate/formate acid of ∼90%.
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Efficient hydrothermal pretreatment of mixed PHA/PLA and subsequent continuous anaerobic fermentation into VFA
DOI: 10.1039/D5GC02732B, Paper
Open Access
  This article is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported Licence.Yong Jin, Ralf Beckmans, Kasper D. de Leeuw, David P. B. T. B. StrikBiobased biodegradable plastic recycling with an overall efficiency of 90% was achieved via an open-culture process enriched with species related to Clostridium tyrobutyricum. Mixing bioplastics enhances hydrolysis and expands VFA product spectrum.
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Graphitization-engineered biochar for solar-driven nutrient recovery and sustainable biogas slurry valorization
DOI: 10.1039/D5GC04612B, PaperZhengming Yang, Zhongfeng An, Zhuochao Wang, Khantaphong Charoenkal, Yang Xu, Taiwen Li, Han Ding, Tianyu Xu, Xuecheng Sun, Shan Lin, Qiang Li, Hongliang Cao
Solar-driven interfacial evaporation using low-cost biochar evaporators presents a sustainable and highly promising strategy for valorizing nutrient-rich biogas slurry.
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Organo-photocatalyzed deoxygenative alkylcarboxylation of olefins with alcohols and CO2
DOI: 10.1039/D5GC04497A, CommunicationZeyou Wang, Yilin Ding, Yuye Lou, Kun Jin, Jihong Liu, Xiujuan Feng, Ming Bao, Xuan Zhang
A general photocatalytic strategy for the deoxygenative alkylcarboxylation of alkenes with CO2 and alcohols mediated by xanthate salts is described.
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Enhanced methane combustion over monoclinic single-site Mn-containing nanosized MFI zeolite catalyst
DOI: 10.1039/D5GC04039F, PaperMarco Giuseppe Geloso, Sajjad Ghojavand, Chunzheng Wang, Edwin B. Clatworthy, Oleg I. Lebedev, Diogenes Honorato Piva, Francesco Dalena, Glorija Medak, Aymeric Magisson, Hristiyan A. Aleksandrov, Georgi N. Vayssilov, Svetlana Mintova
Our study addresses a critical challenge in the development of thermally stable, selective, and efficient catalysts for lean methane (CH4) combustion.
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Efficient catalytic depolymerization of high-molecular-weight PMMA under low-temperature and high-concentration conditions
DOI: 10.1039/D5GC04143K, PaperYang Ma, Xi-Man Yang, Hao-Nan Shi, Junfang Li, Xiao-Yan Wang, Yong Tang
To help alleviate resource waste and environmental pollution from discarded poly(methyl methacrylate) (PMMA), we demonstrate facile synthesis and efficient catalytic depolymerization of high-molecular-weight PMMA.
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