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Pollen-templated bio-TS-1: a sustainable catalyst with hierarchical porosity for propylene epoxidation

Chemical News - 2 May, 2025 - 17:52

Green Chem., 2025, 27,4732-4741
DOI: 10.1039/D4GC05612D, PaperOpen Access Open Access Creative Commons Licence&nbsp This article is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported Licence.Shaodi Sun, Yichen Liao, Zhuang Wang, Chuanhu Wang, Daohua Sun
The bio-TS-1 catalyst with a hierarchically porous structure, prepared with a pollen template, boosts epoxidation efficiency by enhancing mass transfer and product desorption, and improving site reactivity and durability through N self-doping.
The content of this RSS Feed (c) The Royal Society of Chemistry

Boosting the hydrodeoxygenation of PET waste to cycloalkanes by electron transfer and hydrogen spillover in HxWO3−y incorporated dendritic fibrous nanosilica supported Ni catalysts

Chemical News - 2 May, 2025 - 17:52

Green Chem., 2025, 27,4621-4631
DOI: 10.1039/D4GC06400C, PaperWenfeng Zhong, Jiayi Wang, Xuecheng Li, Suhua Wang, Hua Tan, Xinping Ouyang
The hydrodeoxygenation (HDO) of PET waste into C6–C8 cycloalkanes over novel Ni/HxWO3−y-DFNS catalysts via electron transfer and hydrogen spillover offers a sustainable strategy for PET upcycling.
The content of this RSS Feed (c) The Royal Society of Chemistry

L’Iran e il perclorato di sodio.

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 29 April, 2025 - 14:49

Claudio Della Volpe

Bandar Abbas è una delle maggiori città iraniane e il suo porto è il principale porto dell’Iran, situato sullo stretto di Hormuz, nella parte più stretta e critica del Golfo Persico, est della penisola arabica (attenzione a non confonderlo, come capita spesso a me, col Mar Rosso, che è dal lato ovest della penisola Arabica).

Shahid Rajaee, una delle due metà del porto, è una grande struttura per le spedizioni di container, che copre 2.400 ettari. Gestisce 70 milioni di tonnellate di merci all’anno, tra cui petrolio e trasporti generali. Dispone di quasi 500.000 metri quadrati di magazzini e 35 posti di ormeggio.

Sabato 26 aprile vi si è verificata una enorme esplosione che ha provocato almeno 18 morti e 750 feriti con distruzione di vetri fino a chilometri dall’origine ed una altissima colonna di fumo.

L’autorevole sito della BBC riporta un filmato registrato casualmente dalla telecamera di un guidatore distante.

https://bbc.com/news/videos/clywpwr8y71o

Se ne trovano in rete anche altri a minore distanza.

Il video è privo di sonoro, ma mostra un dato importante per comprendere la dinamica degli eventi; inizia con una colonna di fumo già in atto, SEGUITA solo dopo qualche secondo dalla gigantesca esplosione.

Si tratta quindi verosimilmente di un incendio iniziale a cui è succeduta l’esplosione.

Questo serve a distinguerne l’origine; non si è trattato di un attacco missilistico, ma più probabilmente di un incendio, che può certo verificarsi casualmente in un grande porto come quello di Bandar Abbas (ma che potrebbe anche essere il risultato di un attacco con droni o comunque di un sabotaggio) che ha fatto in seguito esplodere sostanze ivi presenti.

Incendio fortuito o sabotaggio o attacco deliberato non sono ovviamente identici e potrebbero avere effetto sui colloqui attualmente in corso fra USA ed Iran sull’accordo per lo sviluppo del nucleare che sono ripresi da poco tempo.

Negli ultimi mesi le notizie giornalistiche riportano che nel porto iraniano sono state sbarcate migliaia di tonnellate di perclorato di sodio, provenienti dalla Cina. Le autorità iraniane hanno escluso qualunque implicazione con l’industria del petrolio.

Il perclorato di sodio NON è di per sé un buon esplosivo, anzi non può definirsi nemmeno DI PER SE un esplosivo, ma può esplodere in determinate condizioni che esamineremo fra un momento; esso viene usato per produrre una sostanza usata nei missili a combustibile solido: il perclorato di ammonio (di cui abbiamo parlato in passato) od anche per produrre miscele esplosive se per esempio viene mescolato a sostanze organiche o a zolfo.

Dunque questa esplosione rallenterà la produzione di razzi e missili, come lo Zolfaghar, che l’Iran esporta verso la Russia ed usa in altri teatri bellici.

Il perclorato di sodio è un composto di formula NaClO4, il sale sodico dell’acido perclorico, che si presenta come un solido cristallino incolore ed inodore. È un ossidante forte (il cloro ha numero di ossidazione +7) e può essere utilizzato, come tale o modificato, come comburente in miscele propulsive o esplosive. In sostanza gioca il ruolo che può giocare l’ossigeno. Notate la differenza che sussiste fra il perclorato di sodio e quello di ammonio, in cui la presenza dell’azoto nel suo stato più ridotto lo trasforma in un composto INTRINSECAMENTE esplosivo, capace di una reazione di auto-ossidoriduzione.

E’ estremamente solubile in acqua (oltre 2kg/l) e presenta proprietà igroscopiche; è stato usato come elettrolita per la costruzione di batterie agli ioni di sodio (invece che di litio come intercalante in elettrodo).

Un ossidante forte implica che esso non possa da solo dar luogo ad un esplosivo; in realtà abbiamo affrontato questo tema già in passato in vari post. Un esplosivo infatti deve avere una di queste proprietà: contenere un ossidante ed un riducente od essere formato da una miscela di sostanze ciascuna dotata di una delle due proprietà, anche eventualmente sfruttando la presenza dell’ossigeno atmosferico.

Il perclorato di sodio da solo è invece un forte ossidante, la presenza di ossigeno non lo aiuta a reagire; anzi se lo si riscalda oltre i 400°C si decompone in acido cloridrico ed ossigeno, ma non esplode.

Esplode se e solo se lo mescoliamo con un riducente che gli ceda i suoi elettroni, dunque una sostanza organica o un metallo, meglio se finemente suddiviso.

Comunque la definizione come esplosivo del perclorato di sodio puro è ancora discussa in letteratura (si vedano i documenti in bibliografia) in rapporto al suo comportamento se finemente suddiviso ed esposto ad una fiamma.

Può aiutarci a capire meglio la situazione un articolo scritto da chimici italiani: in cui si analizza l’esplosione di una miscela di sostanze ciascuna delle quali di per se non è esplosiva ma che messe insieme in modo inopportuno diventano una sorgente di esplosione. Per esempio stoccare il materiale senza superfici di separazione è uno dei fattori di rischio. Non tener conto del potenziale di reazione reciproca è un altro. Ovviamente non sappiamo nulla della effettiva situazione di Bandar Abbas, ma non crediamo sia stata poi così diversa da altri casi che abbiamo analizzato come l’esplosione nel porto di Beirut o nel porto cinese di Tianjin, che pure abbiamo cercato di analizzare in passato o perfino nella moderne fabbriche tedesche.

Probabilmente una cosa simile è successa anche a Bandar Abbas; una insufficiente gestione del rischio, spinta dal ritmo incalzante ed assurdo della produzione moderna (bellica o meno non fa differenza) ha certamente potuto provocare l’esplosione, non sappiamo se la cosa sia stata fortuita o sia stata aiutata opportunamente da qualche nemico dell’Iran.

Certo rispettare le norme di sicurezza rende più difficile anche ad un ipotetico nemico di intervenire.

Secondo un articolo pubblicato sul NYT di oggi, domenica 27, i morti sono diventati 25 e i feriti oltre 1100; si tratta dunque di una grande incidente chimico o di un atto bellico non trascurabile. Vedremo nei prossimi giorni.

Oggi 29 aprile: Reuters segnala 70 morti e 1200 feriti

NdA Di passaggio ricordo qua che una miscela esplosiva analoga si può ottenere facilmente ed aiuta a capire il problema che pongo della impossibilità per il perclorato DA SOLO di esplodere; da ragazzi si raccoglievano facilmente il clorato di potassio (che si usa come disinfettante della gola) e lo zolfo in eccesso nelle cantine (e che serve per fare lo “zolfarello” al vino bianco, bruciarci zolfo vicino per produrre anidride solforosa per impedirne l’acidificazione); la miscela di clorato di potassio e zolfo se sottoposta a compressione (tipicamente fra due pietre) produce una blanda esplosione; attenzione non riproducete questo processo da soli se non ne comprendete le caratteristiche, potreste farvi male. Una tradizione del genere da veri monelli si trova in varie regioni italiane.

Da leggere:

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0010218067900624

https://www.sciencedirect.com/topics/earth-and-planetary-sciences/ammonium-perchlorate

https://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/compound/Sodium-Perchlorate

Agricoltura sostenibile.

BLOG: LA CHIMICA E LA SOCIETA' - 25 April, 2025 - 14:59

Luigi Campanella, già Presidente SCI

È stato detto e scritto più volte. Se tutta la superficie coltivabile della Terra fosse divisa fra gli 8 miliardi di persone e passa che la abitano a ciascuno spetterebbe un fazzoletto che dovrebbe rappresentare la superficie dalla quale ottenere le risorse per vivere. Purtroppo, fatti i conti, si è visto che così non è.

Però anziché puntare solo ad aumentare la quantità di risorse ottenibili dal proprio fazzoletto gli uomini dei Paesi più forti hanno deciso di appropriarsi dei fazzoletti dei cittadini dei Paesi più deboli. Così la societá globale si è indirizzata verso una visione polarizzata in cui coesistono cittadini che dispongono di 8 fazzoletti e cittadini che possono usufruire solo di frazioni del proprio fazzoletto.

Per combattere la fame nel mondo ci sono tre strade tecniche l’aumento della produzione con fertilizzanti, l’aumento della capacità nutrizionale con modificazioni genetiche delle colture alimentari, la protezione della salute dei vegetali con equilibrata adozione di fitofarmaci; ed una etica, utilizzare contro la fame nel mondo le risorse alimentari che vengono colpevolmente indirizzate verso la produzione di proteine animali venendo incontro a richieste da parte di stili di vita le cui conseguenze  sul piano ambientale ed igienico sanitario sono ben note.

Tutte queste strade trovano però per ragioni diverse opposizione le prime da parte della componente ambientalista della società civile, le seconde da parte dei grandi produttori di carne. Ovviamente questo non significa che le strade tecniche siano state abbandonate, ma di certo la intensità con cui vengono perseguite non corrisponde ai criteri di emergenza che a volte la fame nel mondo richiederebbe.

Ora però una nuova denuncia si aggiunge a creare allarme: l’agricoltura 2.0 e 4.0 potrebbe con le innovazioni tecniche e scientifiche che la caratterizzano contribuire ad una nuova fase dello sviluppo agricolo con ovvie ricadute anche sul problema alimentare. Cementificazione e abbandono della terra costringono l’Italia ad acquisire all’estero il 40% di mais, soia e grano; ed ora si aggiunge il problema dei dazi americani.

I terreni agricoli persi nell’ultimo secolo ammontano al 33% con valori delle % importate dei prodotti consumati che per carne e grano raggiungono il 60%. Le ragioni di questo abbandono sono molteplici a partire dall’emergenza siccità dovuta ai cambiamenti climatici ed alla irrazionale gestione degli invasi per la raccolta dell’acqua piovana. Altre ragioni vanno ricercate nella diffusione di specie selvatiche, nelle difficoltà gestionali in relazione ai limiti burocratici europei, nella concorrenza da parte delle importazioni da Paesi come Turchia e Canada dove si coltiva con tecniche non consentite in Italia per l’uso indiscriminato del glifosato.

La mancanza di reciprocità pesa peraltro anche sulla possibilità di accordi bilaterali. A questo quadro negativo fanno riscontro alcune situazioni favorevoli: l’innovazione tecnologica con la robotizzazione agricola, le applicazioni all’agricoltura dell’intelligenza artificiale, il nuovo approccio dell’agricoltura rigenerativa. Questa sfrutta la presenza nel terreno dei microorganismi preziosi per la sua qualità. Così il suolo viene continuamente rigenerato acquisendo resilienza e fertilità, sostituendo l’aratura tradizionale, che a causa della grande profondità coinvolta, comporta una modificazione strutturale del terreno che finisce per nuocere alla resa del terreno rispetto alle colture su di esso impiantate.

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